Perle

Perle
Un po di storia

Con la scoperta dell’uomo di Neanderthal (40.000 anni fa) troviamo le prime perle, da ossa e denti di animale.
10.000 anni più tardi vengono usate come amuleti da portare al collo, sotto forma di seni di donna e di teste di animali.
L’era glaciale interrompe l’era delle perle.
Solo verso il 6.000 a.C. rinasce in Siria, Libano e Turchia, sotto forma di pietre dure, ambra e corallo; vengono usate in tutto il bacino del Mediterraneo come merce di scambio.
Non si sa con certezza né dove né quando avvenne la scoperta del vetro, ma si presume all’incirca nel primo millennio a.C.
Con il manifestarsi del declino dell’industria vetraia del Medio Oriente, in Venezia fiorisce l’arte del vetro (i primi documenti di attività risalgono al X sec.)
Prime testimonianze di perlai veneziani: inizio del 1300 (in questo periodo le perle venivano usate per rosari: «paternostri»).
I «parternosteri» o «supialume» o «perleri» facevano perle con il lume; alla fine del 1.400 appaiono i «margariteri».
 
Le perle margarita si ottenevano a partire da una canna di vetro forata in tutta la sua lunghezza e tagliata in tanti piccoli cilindri, che venivano ridotti a sfera servendosi della «ferazza»; la ferazza è il tipico strumento del margaritere, una specie di grande vassoio di ferro sul quale venivano messi i pezzettini di canna forata; la ferazza veniva poi esposta al fuoco e mantenuta in continuo movimento, finchè il calore trasformava i piccoli cilindri in altrettante sfere.
I perleri fabbricavano anch’essi perle, ma seguendo una tecnica del tutto diversa. Essi infatti erano chiamati anche supialume perché il loro principale strumento di lavoro era una lampada la cui fiamma veniva potenziata da un flusso d’aria.
Mentre il margaritiere ricavava in una sola volta un gran numero di perle tutte uguali, le cui caratteristiche erano determinate dal tipo di canna adoperata, il perlèr costruiva le sue perle una ad una, arrotolando attorno ad un ago di metallo il vetro ottenuto sciogliendo al fuoco del lume delle sottili bacchette di vetro variamente colorate.
Perla rosetta:creazione di Maria Barovier (1480), figlia di Angelo, inventore del vetro cristallo: canne di vetro forate a sezioni colorate concentriche.
 
Nel 1600 si diffonde il lusso a Venezia, gli abiti femminili vengono ornati con ricami di perle colorate con smalti d’oro e d’argento: proprio in questo secolo la richiesta di paternostri e margarite si fa sempre più forte ed il mercato internazionale si allarga considerevolmente grazie anche alle nuove scoperte geografiche.
E’ un periodo di grande attività, a Venezia lavorano 251 fabbricanti di perle.
Negli ultimi anni dell’ottocento l’esportazione di perle veneziane verso gli Stati Uniti raggiunge le 2.700 tonnellate annue.
Anche in questi ultimi anni con la produzione di perle di grande qualità artistica, l’industria veneziana mantiene il posto che le compete nell’ambito internazionale e le perle veneziane sempre più vengono apprezzate per la loro bellezza ed eleganza.
 

Conterie

piccole perline di vetro, rotonde od ovali, regolari o irregolari e di vari colori, che venivano vendute in grandi quantità, infilate come collane, per eseguire decorazioni. Venivano ricavate da un sottilissimo tubicino di vetro tagliato in corti segmenti e poi arrotondate riscaldandole. L’antico nome veneziano, ora obsoleto, era «margarite», dal latino margarita = perla

Con il termine conteria si intendevano all’origine le sole perle a lume la cui produzione si affermava a Venezia a partire dal XVI secolo. Solo dall’Ottocento il termine fu esteso a tutte le produzioni di perle in vetro. L’etimologia più probabile del termine è da ricercarsi nel latino comptus, ornato, attraverso il volgare contigia.
L’arte dei Perleri, o Supialume fu riconosciuta dal Senato nel 1528. Dal 1604 anche Margariteri e Paternostreri si riunirono in un’autonoma corporazione con un proprioi altare nella chiesa di S. Francesco della Vigna, a Castello, zona di massima concentrazione dei loro laboratori.
Con il nuovo Capitolare dell’Arte dei Verieri, del 1776, le lavorazioni del vetro furono divise in quattro classi: gli Specchieri, i Suoialume, i Margaritieri e i Verieri.
Nonostante la concorrenza estera l’industria delle conterie fu, tra le produzioni vetrarie muranesi, quella che giunse in migliori condizioni alla fine del XVIII secolo, registrando anzi un periodo particolarmente felice nei dieci anni precedenti alla caduta della Repubblica. Nel 1780 si contano, tra Venezia e Murano, ventisei fabbriche di conterie , che occupano 4264 operai e 900 laboratori di generi a lume con 1800 operai.
La canna di vetro si produce a Murano in ottemperanza alla legge del 1291, che imponeva il trasferimento delle fornaci vetrarie nell’isola, al fine di evitare incendi in città.
La produzione di perle dalla canna forata si articola in nove fasi.
La prima operazione è quella delle cernidore che separavano le canne la seconda della grossezza; i tagliatori le tagliano in piccoli pezzi che vengono poi setacciati dagli schizzadori per eliminare le scorie. Per otturare il foro, in modo che non si chiuda alla seconda cottura, i fregadori sfregano i segmenti di vetro con un miscuglio di calce spenta, carbone dolce e acqua. I tubanti arrotondano le perle alla fornace, i cavaroba rimuovono l’otturazione del foro, i governadori setacciano gli scarti e infine i lustradori le puliscono. Le perle, pronte per essere infilate, sono  distribuite, attraverso la mediazione delle maestre (mistre) alle infilatrici, le impiraresse. Le ipiraresse lavorano soprattutto in casa o in piccoli laboratori generalmente specializzati nell’infgilatura e nella confezione di oggetti con perle di murano.